- 1) I corridori. Perché fare i corridori e pedalare (così come fare i giornalisti e scrivere) è sempre meglio che lavorare. Infatti il primo invito del pubblico è stato quello di andare non a pedalare o a scrivere, ma a lavorare. Il percorso del Giro d’Italia 2018 è stato svelato il 30 novembre 2017 (anche se la tappa di Roma era avvolta in un certo mistero), quindi erano quasi sei mesi che si sapeva dove si sarebbe gareggiato: come dire che squadre e corridori (ma anche associazioni e commissioni varie) hanno avuto tutto il tempo per pensarci e lavorarci anche sul tema della salute. Premessa: la salute dei corridori sta a cuore di tutti, ma non di tutti i corridori, tant’è che c’è ancora qualcuno che si affida più alla chimica che all’allenamento, più alla farmacia che all’alimentazione (a proposito: Chris Froome, il vincitore del Giro d’Italia 2018, è “sub iudice” per una conclamata positività, cioè nel 2017 ha assunto prodotti dopanti, e non è ancora stato squalificato, come la letteratura giuridica avrebbe obbligato a fare). Non si capisce perché non modificare anche altri percorsi, come la salita dello Zoncolan, che presenta rampe al limite del ribaltamento (anche coronarico: nel senso del cuore umano più che del cambio meccanico). Se il problema sono le buche, allora una corsa come le Strade Bianche sarebbe da bandire; se il problema sono i sampietrini, allora una corsa come la Parigi-Roubaix sarebbe da cancellare. Che cosa sarebbe successo se ci fosse stata una spruzzata di pioggia?
- 2) Gli organizzatori. Durante le trattative, forse per evitare scioperi o boicottaggi, hanno accolto le richieste dei corridori. Perché non parlarne prima, prevedendo e prevenendo la richiesta dei corridori? La debolezza (o la disattenzione) del Giro si vede anche da altri dettagli: è mai possibile che il Team EF, la squadra Education First, indossi una maglia rosa, rosa come il simbolo del primato della gara, tanto da confondere i suoi otto corridori con il leader del Giro? Al Tour de France non potrebbe mai succedere.
- 3) Il Comitato organizzatore locale. Tutto sommato, il meno colpevole. Non doveva asfaltare i sampietrini, ma tappare le buche, e lo ha fatto fare. Forse avrebbe potuto scegliere un altro percorso, prevedendo e prevenendo le richieste dei corridori. Ma se quello proposto era stato accettato, amen.
- 4) La Commissione tecnica. E’ composta da esperti ed ex corridori, presieduta dall’ex campione del mondo Paolo Bettini (impegnato al Giro anche come testimonial della Mediolanum), formata da Sergio Barbero, Roberto Mauri, Andrea Negro, Oscar Pellicioli e Andrea Tonti. Ha il compito di controllare i percorsi e decidere se – per la sicurezza dei corridori – si possono fare o se sono da modificare, segnalandolo agli organizzatori. Quindi i componenti della Commissione tecnica dovrebbero esplorare il percorso della corsa prima della corsa. E non sempre lo fanno. Avrebbero potuto farlo addirittura nella ricognizione del mattino. E dire che stavolta si poteva anche andare a memoria, almeno per il capitolo sampietrini. L’autorizzazione della Commissione tecnica dovrebbe valere a nome dei corridori, che lì hanno un loro delegato o rappresentante. Ma domenica i corridori hanno rinnegato quel parere.
- 5) L’Associazione corridori ciclisti professionisti italiani. Avrebbe dovuto controllare, testare, prevedere, prevenire, intervenire. E non lo ha fatto.
- 6) Il ciclismo. Le regole che cambiano in corsa, le trattative che si svolgono in mondovisione, il gruppo che va a spasso per un paio d’ore: tutto ridicolo, che rovina quanto di bello era stato fatto e visto.
- 7) Il Comune di Roma. La tappa valeva solo per il formidabile, straordinario, irraggiungibile spettacolo delle immagini televisive: dall’alto e dal basso, dal cielo e dalla strada, Roma ha un fascino che non ha certo bisogno del ciclismo, ma che il ciclismo esalta. Che a Roma ci fossero, oltre ai sampietrini, anche le buche, non è una novità, e le buche si moltiplicano a ogni pioggia, senza interventi, senza soluzioni. Adesso lo sanno anche in Giappone e in Colombia. Il sindaco Virginia Raggi (che ha pure l’aggravante di un cognome ciclistico) è, più che mai, sotto accusa.
Tutti sconfitti per l’ultima “tappina” del Giro! I veri corridori sono quelli che ogni giorno pedalano a Roma…
La prova conclusiva, clamorosamente accorciata per tema di sampietrini e buche, rovina l’ultimo capitolo della gara a tappe più famosa. Eppure il percorso era ufficiale da tempo e la salute non c’entra, altrimenti la Parigi-Roubaix non si disputerebbe!