Alonso se ne va, lascerà la Formula 1. E sbatte anche la porta, come è sua consuetudine. Gli è già successo tante volte. Nel 2005 quando lo spagnolo vinse il primo dei sue 2 titoli Mondiali con la Renault a fine stagione annunciò in anticipo che nel 2007 sarebbe passato alla McLaren. Poco importa se nell’anno successivo si sarebbe imposto ancora con la macchina dell’Equipe francese, cambiò tuta anche perché il team di Woking gli offriva una monoposto competitiva e un ingaggio molto più alto di quello che gli veniva pagato dalla squadra diretta da Flavio Briatore. Del resto l’operazione venne diretta proprio dal manager italiano che gestiva le attività del campione asturiano e riceveva una buona percentuale dei suoi guadagni.
Ma anche in McLaren, pur lottando sino all’ultima gara per il Mondiale, vinto da Raikkonen con la Ferrari per 1 punto, Fernando trovò il modo di creare attriti. Litigi continui con Ron Dennis, team principal della McLaren, perché voleva un ruolo da prima guida mentre il boss inglese pendeva per il debuttante Lewis Hamilton. Fu l’anno anche della Spy Story che ebbe come vittima la Ferrari, quando dati sensibili vennero trafugati e passati proprio alla squadra inglese. Alonso fu uno dei testimoni che in sostanza fecero condannare la McLaren a una forte penalizzazione (tolti tutti i punti nella classifica Costruttori) e a subire una multa di 100 milioni di dollari. Inevitabile alla fine il divorzio e il ritorno dello spagnolo alla Renault.
Due stagioni sempre accanto a Briatore con lo scandalo del 2008 quando Nelson Piquet jr, compagno di squadra di Alonso accettò l’imposizione di Briatore e del dt Pat Symonds di andare appositamente a sbattere contro un muro per interrompere la gara a Singapore per favorire, con l’intervento della safety car, il successo dell’iberico. Alonso fra l’altro aveva firmato per restare fino al 2010 alla Renault, ma decise di passare alla Ferrari, dove restò fino al 2014, mancando per un soffio la conquista di 2 titoli mondiali.
Il rapporto con Maranello si deteriorò anche perché nell’ultima stagione la vettura si dimostrò poco competitiva e anche inaffidabile. Altro cambiamento e ritorno alla McLaren che intanto aveva lasciato i motori Mercedes per passare agli Honda. Un disastro. Hanno fatto epoca i messaggi radio di Fernando ai box con pesanti critiche e anche frasi irridenti nei confronti della power unit giapponese. E neppure il passaggio alla propulsione Renault quest’anno è servito a calmare il pilota spagnolo che ha continuato a dare sogni di insofferenza.
Così il 14 agosto, dopo uno scambio di messaggi al veleno con Christian Horner, responsabile della Red Bull che aveva negato l’interesse per un ingaggio di Fernando al posto di Ricciardo, scrivendo su Twitter: «Tutto falso, lui crea soltanto caos», Alonso ha annunciato che a fine stagione lascerà la F1. Dopo aver comunque risposto al manager della squadra austriaco con un lapidario commento: «E’ la barzelletta dell’anno».
Sono passati solo alcuni giorni e l’ineffabile asturiano ha demolito la Formula 1: «Non è più uno spettacolo, è scontata, i risultati sono prevedibili, nessuno si diverte più».
Lui intanto corre domani nella «6 Ore» di Silverstone, gara del Mondiale Endurance (WEC) con la Toyota. Con il prototipo della Casa Giapponese si è già imposto nel mese di giugno nella mitica ««24 Ore» di Le Mans, coronando uno dei suoi sogni, quello di completare la «Tripla Corona», il trofeo ideale consegnato a chi s’impone nel Mondiale di F1, nella prestigiosa gara francese e nella «500 Miglia» di Indianapolis. Gli manca ancora il successo nella corsa americana che cercherà il prossimo anno. Certo imporsi nell’endurance di questi tempi con la Toyota non è un’impresa impossibile, visto che non ci sono avversari in grado di batterla. E non si può dire quindi che si tratti di competizioni più spettacolari di quelle della Formula 1.
Ma Alonso è animato, come del resto molti altri piloti di alto livello non solo da una grande determinazione, aiutato da un indubbio talento, soprattutto da un’Ego enorme. Vuole diventare il migliore di tutti, di ogni tempo. E se non riuscirà a raggiungere i record di Schumacher (7 titoli mondiali in F1) ha trovato un’altra strada per salire al vertice. Per questo motivo sta già valutando l’ipotesi di impegnarsi dal 2020 nel Mondiale di Formula E (elettrica), in modo da raggiungere un’irripetibile «quarta corona». Passando indenne fra gare strepitose, delusioni, litigi e attriti vari. Campione in tutto, dunque, senza rivali. Volendo tutto sommato, è anche simpatico.
Cristiano Chiavegato