Per la prima e unica volta nella storia della F1, il titolo di campione del mondo va a un pilota morto nel corso della stagione. L’austriaco Jochen Rindt vince il titolo alla memoria quando Jacky Ickx, secondo in classifica, giunge quarto nel GP degli Stati Uniti e non può più raggiungere il collega scomparso, neppure, come farà, vincendo in Messico l’ultimo GP della stagione.
Nato a Magonza, in Renania (Germania), il 18 aprile 1942, Jochen rimane orfano a un anno di età, quando i suoi genitori vengono uccisi durante un bombardamento alleato su Amburgo: cresce con i nonni in Austria, a Graz, acquisendo in futuro il passaporto austriaco. A 18 anni riceve in regalo una macchina, alla guida della quale scopre la passone per la velocità. Dopo aver fatto esperienza in Formula 2, nel 1964 debutta in F1, con la Brabham, nel GP d’Austria.
La svolta però arriva nel 1969 quando passa alla Lotus e vince il suo primo GP, quello degli Stati Uniti. L’anno che lo consegna alla storia è il 1970. Nelle prime 8 gare della stagione, Rindt conquista 5 vittorie trionfando a Monte Carlo, in Olanda, in Francia, in Gran Bretagna e in Inghilterra. Quando si presenta al GP d’Italia a Monza il suo vantaggio in classifica è enorme. Il 5 settembre durante le prove sul circuito di Monza, la sua Lotus 72 esce di pista all’altezza della curva parabolica, forse per la rottura dell’avantreno: l’impatto è violentissimo e il pilota austriaco muore sul colpo senza mai riprendere conoscenza. Nelle tre gare successive nessuno degli avversari riesce a superarlo in classifica, anche grazie alla vittoria del compagno di squadra Emerson Fittipaldi a Watkins Glen. A fine stagione, dopo l’inutile GP del Messico vinto dal belga Jacky Ickx che finisce secondo in classifica mondiale a 5 punti da Rindt, il trofeo viene consegnato alla moglie Nina Lincoln Rindt.