Comincia, se un libro fosse come una partita di calcio, con un gran gol a freddo: la storia di quel giorno al carcere di Rebibbia, premiazione del torneo di calcetto, poi foto-ricordo, un ventenne che si agita e ripete “èccome, prima io”, poi spiegherà che “io dovevo usci’ ‘na settimana fa, finito, pena scontata. Però, quando ho saputo che venivi, me so’ detto: ‘E quanno me ricapita l’occasione de famme fa’ ‘na foto cor capitano in posa? Mai, campassi cent’anni…’. Allora ho chiesto de parla’ cor direttore e l’ho implorato de resta’ fino a oggi. Ma siccome er regolamento nun lo prevede, me so’ giocato er jolly: ‘Guardi, se lei me fa usci’ io faccio ‘na cazzata pe’ torne’ dentro subbito, nun conviene a nessuno dei due’, e lui ha capito. Mo’ però me ne vojo anna’, so’ tre anni che ‘a pischella mia m’aspetta…’”.
E finisce, se un libro fosse come una partita di calcio, con un gran gol in zona Cesarini: la storia di quella sera in cui Cristian, suo figlio, lo ha “beccato sul divano mentre riguardavo una vecchia compilation di gol, ai tempi del primo Zeman, e mi ha chiesto se stessi piangendo. Che idea. Una banale allergia. Ero raffreddato. E poi mi era appena finito un moscerino nell’occhio”.
Totti. Francesco Totti. Il capitano. “Un capitano”, il libro scritto con Paolo Condó (Rizzoli, 508 pagine, 21 euro). In testa a tutte le classifiche di vendita, spodestando i Camilleri, superando i Baricco, distanziando le Ferrante. La prima edizione evaporata, la seconda così urgente da mettere in agitazione librai, editore e stampatore, distributori e spedizionieri, la caccia alle piraterie elettroniche, segno di un successo, ma anche di un amore, unico, le copie spedite per posta individuate, catturate e mai giunte a destinazione. Un caso, non solo calcistico e letterario, ma anche umano, forse senza precedenti, almeno in Italia, dove sei persone su dieci non leggono neppure un libro l’anno, forse convinte che faccia venire il mal di testa.
Sarà per le sue 619 partite e 250 gol con la Roma in Serie A, sarà per le sue 786 partite e i suoi 307 gol con la Roma fra campionati e coppe, sarà perché non ha mai cambiato maglia, squadra, società, rinunciando – tra l’altro – a una banca di soldi, sarà per i suoi 28 record calcistici elencati da Wikipedia, sarà per la sua coerenza, che lo distingue da mercenari che si giustificano con la formula della scelta di vita, sarà perché si capisce che fa fatica a dire di no, sarà perché ha il dono dell’autoironia, a cominciare dai libri di barzellette su di lui e raccolte da lui, sarà per quel suo senso di appartenenza territoriale – nella grammatica, nella geografia – tanto da trasformarsi in un cicerone per la città, sarà perché è un timido costretto dagli eventi a tirarsi fuori, il “bambino che a casa – quando mamma usciva a fare la spesa, lasciandolo mezz’ora da solo – si rannicchiava sotto le coperte dalla paura, e per non sentire i rumori strani che s’immaginava nelle altre stanze alzava il volume di ‘CHiPs’, i due poliziotto in moto sulle strade della California, i suoi primi amici d’infanzia”, ma Totti è uno di quei pochi amati e rispettati a prescindere.
Qui non c’è capitolo che non tracimi episodi esilaranti, dettagli ignoti, retroscena insospettabili. Quando a Gigi Di Biagio, rigorista, mentre “s’incammina verso quella che deve sembrargli la pedana del boia – ha la faccia di uno spettro – lo tiro su di morale con una battuta assassina: ‘Mamma mia quanto è lungo Van der Saar, pare ‘na piovra’. Lui si gira, mi manda dove sapete, ma allarga una smorfia che sarebbe un mezzo sorriso. E infatti segna. Merito mio, dai, almeno un po’”. Quando Antonio Cassano “dice apertamente, come sua abitudine” che Rudi Voeller “è negato per fare il mister”, che a Gigi Delneri “del suo modo di parlare ripete più volte, in faccia e ad alta voce, ‘non si capisce un cazzo’. Qualcuno ride, e inevitabilmente la presa di Delneri sullo spogliatoio s’indebolisce”. Quando Zdenek Zeman, “preceduto dalla fama di essere un preparatore più adatto a un plotone di marine che a una squadra di calcio”, lo chiama “Stella”, lo “reputa il miglior giocatore italiano” e “si comporta di conseguenza: mi tratta con la stessa durezza degli altri per dimostrare che nella nuova Roma non ci sono favoritismi”, ogni giorno pesa i giocatori ma “non utilizza la bilancia dell’infermeria, convinto che qualcuno di noi nella notte possa manometterla, e si porta ogni giorno da casa la sua”.
Di più. Non solo non c’è capitolo, ma non c’è riga (due titoli di capitoli: “Il primo magico Spalletti” e “Il secondo tragico Spalletti”), non c’è foto (Totti bambino accarezzato da papa Giovanni Paolo II, Totti studente a scuola, Totti militare alla Cecchignola…), non c’è didascalia (“In classe alle scuole superiori con il giacchetto addosso perché i termosifoni erano rotti”) che non vincano un sorriso, che non regalino una luce.
E poi c’è Condò. Se Totti era un fuoriclasse del calcio, Paolo lo è nel giornalismo. Triestino (e questo lo protegge dal tifo e dalle fazioni), dal “Piccolo” alla “Gazzetta dello Sport”, qui a scuola – una università, ma per diverse facoltà – (di)rettore Candido Cannavò, docenti Lodovico Maradei e Giorgio Giavazzi, calcio, da inquadrare ma anche da raccontare, da indagare ma anche da interpretare, con rigore ma anche con ironia, con serietà ma anche con allegria, sempre con l’istinto della battuta. Inviato, inviato speciale, inviato dovunque, in quell’epoca d’oro in cui il giornalismo si faceva ancora viaggiando, guardando, respirando, parlando, direttamente, immediatamente, liberamente no ma quasi. Per questa sua capacità naturale a legare, Condò ha seguito anche otto Giri d’Italia, e cinque con me nella stessa macchina, trasformandoli – a seconda di luoghi, orari, avventurieri – in gite, crociate, zingarate e in qualche immodesta creazione.
Il tandem Totti-Condò è l’autentica formula magica di “Un capitano”. Perché la spontaneità di Totti si è valorizzata con l’eleganza di Condò, il talento di Totti si è sublimato con la sensibilità di Condò, la timidezza di Totti si è sposata con la disinibizione di Condò. Così, se un libro fosse come una partita di calcio, questo è una goleada.