Non fu solo una foto. Agonisticamente parlando, complici l’altura, l’avvento del tartan sulle piste d’atletica e lo spirito di quegli anni di rivoluzione, l’Olimpiade di Città del Messico fu molto di più dello sprint umano più veloce sui 200 metri (19.83 secondi, abbattendo a barriera dei 20”), fu anche lo storico salto di 8.90 di Bob Beamon nel lungo – fissando un limite che è durato per 23 anni -, fu Dick Fosbury, il gambero che rivoluzionò l’alto passando l’asticella di spalle, anziché di petto, fu l’esaltante tuffo nell’oro dai 10 metri dell’angelo biondo azzurro Klaus Dibiasi.
Era il 68, ragazzi, l’anno del volere volare, a cominciare dal sogno spezzato del profeta dei neri, Martin Luther King, il 4 aprile, e del profeta dell’uguaglianza, Bob Kennedy, il 5 giugno, i carri armati sovietici che schiacciarono Praga, la strage della piazza delle Tre culture, la sconvolgente povertà del Biafra che irruppe nella nostre ricche case del mondo occidentale insieme alla già soffocante pubblicità.
Articolo ripreso da Agi