E’ finita con una magnifica medaglia d’argento, come già tutti ben sapete, l’avventura delle azzurre al mondiale giapponese. Battute 3-2 in una emozionante combattutissima epica finale che passerà alla storia del volley, dalle terribili ragazze serbe, già campionesse d’Europa. Un risultato eccellente, che ha lasciato però l’amaro in bocca allo sterminato pubblico italiano che ha sposato per tre settimane le ragazze terribili di Davide Mazzanti. E tante lacrime di rabbia, amarezza, delusione, sconforto nelle stesse protagoniste in maglia azzurra. Logico, quando arrivi a batterti in una finale, punti al massimo traguardo. E quell’oro che l’Italia insegue dalla magica Berlino del 2002, è sfuggito d’un soffio.
In fase di presentazione, avevamo scritto che questa squadra avrebbe fatto le prove generali di avvicinamento all’Olimpiade del 2020, che si disputerà nuovamente in Japan. Squadra rinnovatissima, ringiovanita al limite del lecito da un cittì coraggioso, al quale la Fipav coraggiosamente e giustamente ha concesso carta bianca. Squadra priva di alcune giocatrici importanti lasciate fuori per infortuni o (Caterina Bosetti, Raphaela Folie) o scelta tecnica (Orro, Diouf, Mingardi). Ma che aveva svecchiato al punto da presentarsi in Giappone talmente ringiovanita da avere soltanto Messico e Cuba un pochetto più al latte. Una vera nazionale biberon. Termine che avevamo coniato nel lontano 1986, quando Silvano Prandi guidò una nazionale molto giovane ai mondiali in Francia presentando alcuni elementi reduci dal mondiale juniores dell’anno precedente concluso a Milano. Alcuni costituiranno poi l’ossatura della famosa formazione dei fenomeni. I nomi? Cantagalli, Gardini, Galli, Petrelli, Zorzi, oltre a Vullo, De Luigi, Milocco, accanto ai veterani Bertoli capitano, Lucchetta, Errichiello, Lazzeroni. Il risultato non fu esaltante: appena undicesimi davanti alla Cina, battuta 3-0 nel polvoroso vetusto Coubertin.
Ma il solco era stato tracciato… Mazzanti è stato più bravo, lanciando ben dieci esordienti sulle quattordici a roster. E, come Carmelo Pittera, ha azzeccato la formazione base, rimasta invariata per l’intero mondiale. Unica immissione, la giovanissima Elena Pietrini nel match senza pressione contro la Serbia nel terzo girone, a Nagoya. Il risultato conclusivo ha dato ragione al nostro coraggioso tecnico. Secondo posto ottenuto con undici vittorie e due sole sconfitte, sempre con la Serbia, per 3-1 e 3-2. C’è da rallegrarsi, non certo da piangere. Sinceramente neanche noi, prima del via, avremmo sperato in un posto così in alto, sul podio. Invece la squadra è andata crescendo a ogni partita. In convinzione, determinazione, spavalderia, entusiasmo, aggressività. Saggiamente il citti, 42 anni di Fano, ma residente a Marotta, città dove riposa il nostro grande amico, il capitano Adelio Pistelli, giornalista del Corriere dello Sport, ha lasciato libere le sue ragazze di esprimersi secondo le loro possibilità, capacità, carattere. Le voleva determinate, le ha chiesto di venire “stupito” da loro, le ha spronate a scatenarsi. L’hanno ascoltato, poi assecondato. Prestazioni scintillanti, volitive, imperiose, mostrando compattezza di squadra, entusiasmo, tanto divertimento, spirito sempre elevatissimo, gran bel gioco. Ciascuna ha portato il suo bravo mattone per la costruzione di un team che ha sorpreso tutti. I tecnici, e non soltanto italiani.
Il nostro pubblico, che grazie all’apporto sensibile e generoso della Rai, partite trasmesse sul secondo canale, è andato ingrossando le sue file in maniera sempre più impressionante. Fino a raggiungere per semifinale con la Cina e finale con la Serbia quelle cifre spaventose, da capogiro, di audience e di share che tutti avete letto sui giornali. Oltre otto milioni in media con punte assolutamente superiori, 43% di share la finale del sabato. Un italiano su due aveva sposato queste ragazze terribili, all’ora di pranzo. Perfino i nostri medici curanti, cardiologo e generico, alle visite ci parlavano della nazionale più che del nostro cuore sifolino. E confessiamo che pure noi, veterani di mille battaglie di ogni sport, quel tie-break con la Cina lo abbiamo sofferto, rischiando qualcosina. Ebbene sì, ci siamo commossi. Segno che si diventa veci…
Queste ragazze hanno sorpreso tutti entrando nelle case, nel cuore di quasi tutti gli italiani. Ma non solo degli appassionati di pallavolo, che già sono tanti, ben più di quanti non immaginano i distratti direttori dei quotidiani generalisti, ma soprattutto della gente qualunque, dell’uomo della strada, della casalinga di Voghera. Tutti si sono appassionati alle imprese sportive di queste ragazze che ci hanno messo cuore coraggio determinazione impegno nel rispondere a questa enorme ondata di affetto che attraverso gli oceani e le montagne è giunto fino a loro. Mazzanti ha trovato la miscela giusta. Loro hanno scovato all’interno quella compattezza e forza morale che le ha guidate al massimo traguardo. Fallito per tre punti, tre in meno, delle serbe.
Tecnicamente la squadra ha sfoggiato una bella pallavolo. Lia Malinov ha ricordato la grandissima Leo Lo Bianco, regista di quella splendida nazionale vittoriosa sedici anni prima a Berlino. Non è stata precisissima nelle ultime tre partite, ha un po’ trascurato le due centrali, qualche primo tempo in più andava offerto, ma ha retto la bacchetta con mano salda. Il premio di miglior palleggiatrice l’ha in parte ripagata. Ma forse l’avrebbe meritato la serba Ognjenovic, 35 anni contro 23, vecchia conoscenza dei nostri palasport. Bene le due centrali. Più Anna Danesi, eccellente a muro, seconda nella classifica dei monster block, definizione inventata da capitan Andrea Lucchetta, voce Rai. Una lieta sorpresa davvero. Laprincipessa Chirichella è stata la capitana di questo team, non eccellente in finale, specie a muro, ma anche lei poco servita sui primi tempi. Moki De Gennaro, un furetto volante nelle retrovie, si è ben meritata il riconoscimento quale miglior libero. Lei 31enne, a Tokyo ci arriverà sicuro. Un campionato esemplare.
Lucia Bosetti, la seconda veterana, 28 anni, brava quale elemento d’ordine, ricezione, difesa, coordinazione della squadra, bravissima all’ultima sfida. Lei la più piccola, 176 cm, ha rivaleggiato con le gigantesche serbe in bravura e efficacia a rete. Miriam Sylla, uno spettacolo di verve, aggressività, entusiasmo, simpatia, efficacia in attacco. Qualche problema in ricezione, ma ha tenuto il ruolo per l’intero mondiale. Le sue lacrime finali, genuine, hanno commosso l’Italia intera. Lei, ivoriana nata a Palermo, ha sofferto forse più di tutte perché ancora una bambina. Terribile, ma bambina. Il premio quale miglior schiacciatrice le avrà asciugato quelle lacrime che hanno fatto tanta tenerezza. Paola Egonu, un cataclisma. I suoi 45 punti con la Cina, i 33 sulla Serbia, ma tutte le partite che ha affrontato con il piglio della dominatrice, l’hanno resa popolarissima al nostro pubblico. La vera dominatrice del mondiale! A lei il premio quale miglior attaccante. E’ mancato, insieme all’oro, quello per l’Mvp, assegnato giustamente alla serba Boskovic, atleta determinante fra le nostre avversarie, mancina terribile, infermabile purtroppo per quella sua terrificante diagonale di rara efficacia.
Accanto a Mazzanti, protagonista di questo exploit inatteso, vanno ricordati i due tecnici che hanno costruito a monte questo gruppo. Marco Bonitta, romagnolo di Ravenna, cittì nel 2002 a Berlino, che ha scelto queste ragazze inserendole nel club Italia. Tre anni di vita e lavoro al centro federale Pavesi di Milano, voluto e costruito da Adriano Pucci Mossotti, gauleiter della Lombardia, hanno gettato le basi per cogliere questo risultato. E Cristiano “Gancio” Lucchi, romagnolo di Cesenatico, che per tre anni ha allenato queste ragazze, ogni pomeriggio in palestra, guidandole a due campionati di A1con ottimi risultati. L’idea del club Italia suggerita da Julio Velasco nel 1998, ha permesso di costruire negli anni tante ragazze che poi sono approdate alla nazionale regalandoci tutte queste soddisfazioni. La giovane età media di questa squadra, i recuperi che si potranno verificare, qualche altra scoperta interessante come la 18enne Pietrini, potenzialmente un prossimo sicuro fenomeno, inducono a tanto ottimismo per la nostra pallavolo in proiezione olimpica 2020.
Ora si attende la conferma da queste ragazze terribile, che hanno stupito il loro allenatore e poi l’Italia intera. La Serbia ha vinto con merito. Onore alla Serbia. Accogliamo con piacere le ragazze serbe che verranno a giocare nel nostro campionato, arricchendolo. Un po’ di merito va anche a quei club che hanno aiutato a crescerle. L’Olanda maschile di Barcellona e Atlanta, non vi ricorda qualcosa…?