Lewis Hamilton come Fangio? L’inglese con il suo trionfo quando mancano ancora due gare alla fine del campionato è alla pari con l’argentino? Soltanto nel numero di titoli mondiali conquistati, 5 ciascuno, secondi rispetto Michael Schumacher che ne ha accumulati sette. A mio avviso Juan Manuel nel complesso è stato un pilota più forte. E spiego perché questa è la mia opinione. Negli anni ’50 era più difficile guidare, era molto rischioso, anche il coraggio contava. Non c’erano tantissime macchine sullo schieramento di partenza, ma molte di massimo livello: cinque o sei Alfa Romeo, Ferrari, Maserati e Mercedes per volta. Sì, non mancavano le comparse, squadre improvvisate, non non ci si batteva solo fra tre o quattro piloti, o fra due come è successo dall’era Schumacher ad oggi in Formula1.
La verità, in effetti, bisogna saperlo, è che non si possono paragonare due campioni che hanno gareggiato in epoche tanto diverse e lontane. Ognuno dei due ha segnato quella che ha vissuto e il pilota inglese ha ancora la possibilità di aumentare ancora il suo bottino, visto che ha 33 anni ed è nel pieno della sua maturità agonistica. Le differenze sono enormi proprio cominciare dall’età. Vediamo la sfida.
Hamilton ha debuttato in F1 nel 2007, ventiduenne, e ha gareggiato per due sole scuderie: McLaren e Mercedes. Per arrivare al traguardo che ha appena superato ha disputato 227 GP vincendone sinora 71 una media di 1 su 3,2. E dobbiamo registrare che dal giorno dell’esordio ha già partecipato a 12 campionati che da allora hanno sempre contato fra i 18 e i 21 Gran Premi. Nella sua carriera Lewis si è imposto al secondo anno di attività, il 2008, con il team di Woking. Poi per cinque anni è stato all’asciutto, tornando al successo con la Mercedes nel 2014 all’inizio dell’era dei motori ibridi. Certo il suo talento è enorme, soprattutto nei giri cronometrati, visto che ha il record assoluto delle pole position che ha portato a 81. E’ diventato un pilota molto corretto, è molto deciso nei sorpassi e ultimamente non ha mai più commesso errori gravi. Quindi grande concentrazione, anche se nel privato ha una vita movimentata da rockstar, e assoluta determinazione.
Le cifre e le gesta di Fangio hanno valori e caratteristiche dissimili. Juan Manuel nato a Belcarce, nella provincia di Buenos Aires il 23 giugno 1911, ma registrato il giorno 24 (24 ore dopo come Enzo Ferrari, tanto che lui ci scherzava sopra, dicendo ‘ero talmente veloce da essere venuto al mondo un giorno prima’), soprannominato «Maestro» ebbe una carriera ben più breve in F1, iniziò nel 1950 e finì nel 1958, quando disputò soltanto 2 gare. In totale il pilota sudamericano, di origine italiana (i genitori Loreto e la madre Erminia D’Eramo erano entrambi abruzzesi emigrati in Argentina), aveva partecipato solo 52 gare, vincendone 24 (media 46,4) e guidò in F1 per Alfa Romeo, Maserati, Mercedes e Ferrari. Le sue doti erano molteplici a parte la velocità. Pragmatico, astuto, opportunista: cercava sempre la macchina migliore. Ferrari ebbe con lui un rapporto difficile, tanto che nel suo libro ‘Piloti che gente’, aveva scritto: «Manuel Fangio è rimasto per me un personaggio indecifrabile. La sua statura agonistica era, invece, indiscutibile. Possedeva una visione della corsa decisamente superiore e un equilibrio, un’intelligenza e una sicurezza veramente singolari. Difficilmente potremmo avere un asso capace di tanta continuità nel successo. Nei tracciati impegnativi, come al Nurburgring, la sua guida raggiungeva la perfezione. Ha sempre lottato non solo per il primo posto, ma anche nelle retrovie, pur di portare la machina al traguardo».
Il giudizio del Costruttore modenese sull’uomo fu diverso: lo considerò sospettoso e afflitto da una mania di persecuzione. Una volta ritirato, infatti, Fangio nelle sue memorie parlò di tradimenti, sabotaggi e macchinazioni nei suoi confronti con lo scopo di ‘gettarlo nella polvere’. Juan Manuel è sempre stato, comunque, una persona schiva, a volte timida. Ben diverso da Hamilton. Niente mondanità, è ovvio che parliamo di altri tempi. Le cronache di quegli anni lo portarono alla ribalta solo per i suoi successi. Un solo episodio lo vide protagonista sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Alla soglia del ritiro, il 23 febbraio 1958 stava per partecipare al GP di Cuba, alloggiava nell’Hotel Lincoln dell’Avana ma, poco prima della gara, venne sequestrato dai barbudos di Fidel Castro, nel riuscito intento di attuare un’azione dimostrativa di risonanza internazionale. Il sequestro durò poche ore e Fangio venne liberato al termine del GP, con le scuse dei guerriglieri cubani che gli chiesero anche l’autografo. Il pilota dopo Fangio ringraziò i suoi sequestratori per avergli impedito la partecipazione a un pericoloso GP che, nel frattempo, era stato sospeso a causa di un gravissimo incidente che aveva coinvolto cinque monoposto e causato 6 morti e 26 feriti.
Fangio ha vinto il Mondiale nel 1951 con l’Alfa Romeo, nel ‘54, correndo con Maserati e Mercedes (allora si poteva usare diverse monoposto), l’anno dopo ancora con la Casa tedesca, nel 1956 con la Ferrari e nella stagione successiva con la Maserati. Avrebbe potuto forse imporsi anche nel ‘52, ma fu costretto in pratica a saltare tutta la stagione. L’Alfa aveva deciso di abbandonare le corse e la Federazione, per avere più macchine al via decise di adottare il regolamento di Formula 2. Fangio partecipò ma commise il più grave errore della sua carriera nel Gran Premio dell’autodromo a Monza. Sbandò all’uscita della prima curva di Lesmo con la sua Maserati, l’auto si capovolse e il pilota venne sbalzato fuori dall’abitacolo. Juan Manuel riportò una frattura cervicale che lo obbligò a stare fermo per tutto il resto dell’anno. Se non avesse avuto quell’incidente non è escluso che i suoi titoli sarebbero stati sei.
Non bisogna dimenticare che Fangio correva anche con le vetture sport. Fu sfortunato alla Mille Miglia e nella «24»ore di Le Mans. Ma si impose nella durissima Carrera Panamericana e alla «12 ore» di Sebring e in diverse altre gare. Un pilota completo che, come si è detto, saltava da una macchina e da una categoria all’altra. E rimane nella storia non solo per i 5 Mondiali, ma anche perché detiene un record, questo è sicuro, che non sarà mai più superato: aveva vinto il suo ultimo Mondiale a 46 anni e 42 giorni. Un’età alla quale tutti i suoi concorrenti, dell’epoca e attuali, sono già andati o saranno ampiamente in pensione.