Al debutto nel team Movistar Yamaha, l’anno scorso Maverick Viñales aveva vinto le prime due gare ed era stato definito subito “nemico numero uno” del cannibale Marc Márquez. Tra alti e bassi, il campione del mondo della Moto3 (nel 2015) aveva concluso il Mondiale terzo.
Il 2018 per il catalano, 23 anni, è cominciato con una serie di difficoltà, in 7 Gran Premi ha rimediato solo un secondo posto. Ma “Mack” non si è perso d’animo: in Australia, a ottobre, è tornato a vincere e a Valencia, ultima tappa del campionato, si giocherà la terza posizione in classifica generale con il compagno di squadra Valentino Rossi.
Si aspettava una stagione così travagliata?
“No, per niente. A dire la verità, speravo andasse meglio anche il 2017, perché conosco le potenzialità mie e della M1. Da qualche mese, però, vediamo la luce in fondo al tunnel.
Le modifiche che abbiamo fatto a partire dai test a Misano ad agosto si stanno rivelando buone soluzioni e sono sicuro che, se continuiamo così, nel 2019 saremo di nuovo competitivi”.
Di quali modifiche parla?
“All’elettronica e al telaio, anche perché il motore non può essere sviluppato: il regolamento non lo permette. La distribuzione diversa del peso che avevo chiesto mesi fa è arrivata in Thailandia e l’esperimento ha funzionato: sono salito sul terzo gradino del podio”.
A Phillip Island, tre settimane dopo, ha riportato la Yamaha alla vittoria a distanza di un anno (Rossi ad Assen, giugno 2017, ndr).
“Non ho perso né la voglia né la capacità di vincere e ringrazio il mio box per avermi dato il supporto che mi serviva. Anche morale: adesso respiro un’aria serena e sento il gruppo affiatato e forte.
Siamo uniti, ci confrontiamo in libertà sui problemi e sulle strategie: se stiamo già provando delle novità per l’anno prossimo, significa che a tutti interessa continuare e dare il massimo”.
L’atteggiamento del box nei suoi confronti è cambiato: il suo?
“Anche. Penso di essere migliorato: ho capito quanto sia complicato non perdere la bussola quando i risultati sono inferiori alle aspettative. Ho imparato a essere più tranquillo e a rimanere concentrato sull’obiettivo, nonostante le delusioni”.
Con il “Dottore” come va?
“Bene. Stare accanto a lui mi ha insegnato ad avere pazienza e a lavorare duro. Ci rispettiamo molto, collaboriamo e ci scambiamo le informazioni. Un esempio? Se Valentino va meglio di me in una curva o in un settore, utilizzo i suoi dati”.
Quando non lavora, come trascorre il tempo?
“Amo lo sport e sono sempre in movimento. Ad Andorra, dove vivo, approfitto delle montagne per allenarmi, ma esco in bici o a piedi, anche per rilassarmi: spesso insieme al mio labrador Minnie.
Da ragazzino ero bravo a calcio e, quando correvo in Moto2, riuscivo a organizzare qualche partita con gli amici: ora è impossibile, purtroppo. E non sono mai andato a vedere la mia squadra del cuore, il Chelsea. Tra l’altro ci gioca il mio amico Álvaro Morata e vorrei proprio vederlo in campo”.
Un sacrificio che il mestiere di pilota comporta e le pesa in particolare?
“Le trasferte sono di sicuro la parte più faticosa. La dieta, invece, non è un problema; abito da solo, cucino bene, soprattutto la tortilla, e so preparare i piatti giusti. Però, appena termina la stagione, mi concedo una settimana intera per qualsiasi strappo alla regola”.
Durante il Mondiale non sgarra mai?
“Sì. La sera precedente alla gara la cheese cake, o il tiramisù se corriamo in Italia, non manca”.
“Maverick” è un omaggio di suo padre al film “Top Gun” (è il soprannome del protagonista Tom Cruise, ndr): ha visto il film?
“Sì, un anno fa circa, finalmente! È proprio una bella storia, do ragione a papà: mi è piaciuto soprattutto il coraggio di Maverick. So che sono già iniziate le riprese di Top Gun 2: spero sarà altrettanto avvincente”.
Di recente è stato su tutti i giornali spagnoli per un gesto di grande umanità: a un ragazzo di Roses, la città in cui lei è nato, ha donato 81 mila euro per acquistare una gamba protesica.
“Si chiama Óscar Fernández, ha 23 anni come me ed è malato di tumore. Sono andato a trovarlo in ospedale prima di partire per il Giappone e ho pubblicato la foto sui social con la frase: ‘siamo combattenti’”.
Cristina Marinoni
*Articolo ripreso Panoramauto.it
**Photo Credits: Dario Aio