Imbarazzato, impacciato, anche un po’ impaurito: ”Una giornata così, quando ho iniziato a giocare, era impensabile. E’ il segnale che la percezione del golf in Italia sta cambiando”. Francesco Molinari non vede l’ora di evadere dai troppi complimenti e dai troppi premi di Roma, ultimo il Collare d’Oro al Merito Sportivo, per tornarsene nella tana di Londra insieme alla famiglia e ricominciare la sua routine golfista. “E’ schivo, per esprimere la sua forza non umana deve essere assolutamente così”, puntualizza il presidente della Fig, Franco Chimenti. “Sono schivo fino a un certo punto.
Distinguiamo fra la persona e il personaggio, una cosa è la sfera privata, un’altra è il campo. Io non ho mai giocato a golf per diventare famoso, lo faccio perché cerco da sempre di migliorare, è una sfida continua con me stesso”, chiarisce il protagonista di un’annata assolutamente straordinaria in cui ha lastricato la storia del golf italiano di incredibili pietre miliari: dal primo successo Open sul Pga Tour al primo Major (non uno qualsiasi, ma proprio l’Open Championship strappato al prestigioso Carnoustie), alla Ryder Cup conquistata per l’Europa con cinque partite vinte su cinque – come mai nessuno -, al trionfo nella Race to Dubai, la classifica europea, al prestigiosissimo premio BBC di miglior atleta della stagione. “Quest’anno mi ero proposto di vincere un torneo in America, che avrebbe avuto un grande impatto sul mio morale e sulle mie convinzioni, ma evidentemente sono andato ben oltre”, ha confessato, semplice e sincero come sempre.
Chicco non sa e non vuole vestire i panni di PR del golf italiano nel mondo: “Sbaglierei a mostrarmi per qualcosa che non sono. Invito volentieri a guardare il golf alla tv: è uno sport facile, fantastico e dà soddisfazioni. Ma io non amo stare sotto i riflettori. Spero di essere d’aiuto sul campo, cercando di giocar bene e, magari, vincendo ancora. Cercherò di pubblicizzare il prossimo Open d’Italia all’Olgiata, anche con gli americani, al di là del montepremi – l’inserimento tra le Rolex Series è stato un passaggio determinante – e delle attrattive di Roma, perché quel campo è fra i migliori e i più tecnici del paese. Io comunque, di sicuro, ad ottobre ci sarò”. Svicolando alla grande dai discorsi politi sull’Europa: “Io mi sento molto europeo, sono nato in Italia, mi sento un classico italiano, tifoso di calcio, cioè di Inter e di Mourinho, sin da ragazzo ho sempre viaggiato tanto con la Federgolf ne vari tornei giovanili in un’Europa senza confini e spero che rimanga così a lungo. La squadra di Ryder è un esempio un po’ limitato nel tempo, perché parliamo di una sola settimana ogni due anni”.
La Ryder che nel 2022 arriverà anche in Italia al Marco Simone di Guidonia dove il presidente Chimenti annuncia che si terrà l’Open d’Italia del ’21 e del ‘22, dopo quelli dell’Olgiata’19 e delle Querce ’20 “E’ bello il rispetto che gli altri giocatori europei mi hanno tributato per i miei cinque punti in cinque partite, ama è una vittoria di squadra. Io ho già detto loro lì a Parigi che avevo molto apprezzato il fatto che nel altre due Ryder avevo ottenuto solo pareggi, senza dare un contributo alla squadra, eppure nessuno mi aveva mai fatto pesare la cosa. Proprio per il grande rispetto reciproco che si crea in quella settimana così particolare anche sotto questo punto di vista. Si instaura un clima mostruoso, con uno spirito che abbiamo ereditato da Costantino (Rocca), Severiano (Ballesteros), Olazabal che abbiamo visto giocare in tv. Speriamo di passare anche noi il testimone a quelli che verranno dopo di noi”. Il credo di Molinari, fortissimo da sempre di testa, è molto semplice: “Non ci sono sensazioni o situazioni particolari, non ci sono campi sì e campo no, pioggia o vento, il golf è talmente complesso e imprevedibile, che in certi tornei non pensavo nemmeno di arrivare al taglio perché non mi sentivo al 100% e poi ho vinto.
Ci sono talmente tante variabili che forse le persone all’esterno sono più obiettive e possono valutarle anche meglio di noi”. Una cosa è sicura, cari ragazzi: “Dietro questi successi c’è il lavoro di anni, sono fortunato a fare il mestiere che mi piace e mi fa guadagnare molto bene, ma ho sempre investito parte di questi guadagni per migliorare me e il mio staff, e quindi fare progressi a lungo termine. La mia fortuna più grossa è che amo questo sport e provo sempre piacere ad allenarmi, tutti i giorni”. Così, partendo quindici anni fa da Denis Pugh, per arrivare al motivatore Dave Alred e al mago del putt, Phil Kenyon: “Dopo 4-5 anni, non arrivavano i progressi che avrei sperato e mi portavo dietro un po’ di tensione, per fortuna Phil aveva tempo, ha subito individuato il problema, coi dati in mano, mi ha spiegato la causa e l’effetto e abbiamo lavorato per tre mesi su quello, finché a luglio sono arrivati i risultati. E’ stato un passaggio importante, ma anche lì possiamo ancora migliorare”.
Ripercorrendo la sua fantastica stagione, Molinari ha detto: “Quest’anno mi ero proposto di vincere un torneo in America, che avrebbe avuto un grande impatto sul mio morale e sulle mie convinzioni, ma evidentemente sono andato ben oltre. E’ curioso come varie volte la carriere di Tiger e mia si sono incrociate. Intanto è stato bellissimo per noi giocatori tutti, oltre che per gli appassionati, che lui sia tornato a un livello che molti dubitavano fosse possibile. Avrei volentieri evitato di giocarci contro a Carnoustie, sono stato bravo a cambiare chiave, mi sono detto: “Non importa, non devo farmi influenzare da quello che succede fuori, anche se c’è una difficoltà in più”. Per Molinari è già 2019: “Riprenderò a giocare con il Tournament of Champions (3-6 gennaio) alle Hawaii, ma la mia stagione, anche mentalmente, inizierà a metà febbraio perché ho bisogno di una vera e propria preparazione per fare bene. Non mi pongo limiti come sempre e affronterò la nuova stagione con grandi stimoli, per vincere anche di più, anche se so bene che esiste il pericolo di mettermi pressione se penso troppo ai risultati”.
Poi, nel 2020, ci sarà anche l’Olimpiade: “Tokyo sicuramente mi incuriosisce avendo mancato la qualificazione a Rio 2016. Ho l’ambizione di andare e provare a vincere una medaglia che mi può dare una dimensione ancora maggiore come sportivo: prima di tutto cercherò di qualificarmi e poi di arrivare lì al meglio della forma. Nel golf non è facile puntare la preparazione su un evento specifico, ci vorrà un pizzico di fortuna”.