Alle 3 di mattina, all’Ospedale di Tortona, l’airone Fausto Coppi chiude le ali, stroncato a 40 anni dalla malaria contratta in Africa e non diagnosticata in tempo dai medici.
Si chiude nel dramma la parabola del Campionissimo, il più grande dello sport italiano, il primo a vincere nello stesso anno Giro e Tour (1949 e 1952).
Angelo Fausto, per tutti Faustino, nasce a Castellania, in cima a una collina, alle spalle di Tortona, il 15 settembre 1919. Èmagro, lungo, pelle e ossa, lo sterno fuori, lo sguardo triste, il naso lungo e affilato, una resistenza insospettabile. Appena possibile, abbondona il lavoro nei campi e salta in bicicletta per fare consegne a domicilio come garzone di una salumeria. La prima vittoria nella Castelletto d’Orba-Alessandria, poi l’incontro con Biagio Cavanna, massaggiatore di Girardengo che gli insegna l’arte, e, infine, con Eberardo Pavesi, direttore sportivo della Legnano che lo ingaggia come gregario di Gino Bartali.
La rivalità con il toscanaccio scoppia al Giro del ’40 quando Coppi attacca nella Firenze-Modena staccando Bartali e conquistando la corsa Rosa, l’ultima prima della sospensione bellica. In piena Seconda Guerra Mondiale, e a corto di preparazione, batte al Vigorelli il primato dell’ora. Dopo la prigionia in Africa, Coppi torna alle corse e nel 1946 vince la Milano-Sanremo scappando sulle prime rampe del Passo del Turchino. Il 10 giugno ’49 diventa leggenda vincendo la Cuneo-Pinerolo: Coppi percorre in fuga solitaria 192 km e 5 colli arrivando al traguardo con 11 minuti e 52 secondi su Bartali. «Un uomo solo è al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi», sono le parole di Mario Ferretti. Una carriera lunghissima, impreziosita da 5 Giri, 2 Tour, 5 Lombardia, 3 Sanremo, una Roubaix, una Freccia Vallone e il Mondiale di Lugano del 1953.