L’Equipe, il quotidiano francese che esalta fedelmente gli atleti nazionali nel nome di monsieur Chauvin, ha titolato in prima pagina “POGBACK”. Esaltando la seconda super prestazione del suo fenomeno a corrente alternata, decisivo nel rilancio del Manchester United in Premier League col 5-1 di Cardiff (tre assist) e il 3-1 all’Old Trafford (doppietta). “Paul sembra liberato da quando è andato via l’ex manager, José Mourinho”.
Paul che, da faro della squadra, era diventato un panchinaro, Paul che, il 18 dicembre, quando è stato cacciato lo “Special One”, ha postato e poi ritirato un tweet con la sua foto, tanto di ghigno soddisfatto e la scritta: “Metteteci voi le parole”, Paul che ha fatto festa negli spogliatoi (fonte “Sun”), Paul che contestava il difensivismo dell’allenatore portoghese ma poi, giorni fa, ha commentato: “Grazie, Mou: mi hai cresciuto come calciatore e anche come uomo”.
Il piccone
Pogba è il classico esempio di atleta che, criticato dall’allenatore per la sua attitudine negativa e a corrente alternata, gli fa la fronda e poi – ma guarda un po’ -, quand’ha vinto il braccio di ferro, prende in mano la squadra e la porta lì dove avrebbe dovuto condurla in precedenza. Assist, personalità, gol: “La Pioche”, il piccone, come lo chiamano, così alto e magro, è passato in due partite appena, da croce di Mourinho a delizia del suo successore, Ole Gunnar Solskiaer. Adesso accetta sia il 4-3-3 che il 4-3-2-1; “ha ritrovato il sorriso”, chiosa la nuova guida allontanando l’ipotesi trasferimento che sembrava cosa fatta; ha ritrovato anche i tifosi, come dicono i canti e gli abbracci finali, con tanto di regalo della maglietta all’Old Trafford.
Gli alti e bassi con Mourinho
In realtà, dall’agosto 2016, quando Pogba è rientrato allo United dalla Juve, per la cifra record di 89 milioni di sterline, il rapporto fra la star in campo e la star in panchina è passato dalle stelle alle stalle. “Non vedo l’ora di lavorare con Mou”, diceva l’uno. “Paul è uno dei migliori centrocampisti del mondo, avrà un ruolo chiave, sarà il fulcro delle nostre fortune future”, sosteneva l’altro. “Il ragazzo è fantastico, ha un ego e una personalità notevoli”.
Anche se già a settembre affioravano i primi problemi, con l’analista tv Jamie Carragher che riassumeva il sentimento comune: “Pogba è indisciplinato, è come un bambino all’asilo, corre dovunque e fa quel che vuole”. Mourinho lo difendeva contro gli “Einsteins” della stampa: “Nelle vostre bocche passa in 48 ore da peggior a miglior giocatore della Premier League. Sappiamo che è un ottimo giocatore, e sappiamo anche che ha bisogno di tempo per mostrare le sue potenzialità”. Tanto che a gennaio 2017 gli ha dato la fascia di capitano: “Ha carisma, ambizione, mentalità ed è un buon professionista”.
Ma a febbraio ha fatto un passo indietro, avanzando le prime perplessità sulla capacità del giocare di reggere all’enorme pressione per la valutazione del suo cartellino. A marzo l’ha difeso ancora: “Probabilmente molti lo criticano per invidia, ma per me è stato il migliore in campo, un gigante”. Col pubblico ringraziamento di Pogba, a giugno, dopo la conquista di League Cup ed Europa League: “José merita l’appellativo di “Special One”. Sotto il profilo personale mi ha dato il benvenuto nel modo ideale e, sin dal primo momento, ho avuto un buon feeling con lui. Ha creduto in me e mi ha difeso: ha fatto quello di cui hanno bisogno tutti i giocatori”.
A settembre, Mourinho ha digerito male che Pogba volasse a Miami invece di curarsi un infortunio a Manchester, ma ancora a novembre ne ha esaltato “la differente classe”, nel vittorioso rientro contro il Newcastle. Epperò a febbraio, i due hanno avuto una violenta, palese, discussione in campo, e Paul ha cominciato a sedersi più spesso in panchina. Pur guadagnandosi gli elogi del tecnico per la “sua professionalità” quando subentrava dopo 17 minuti in Champions League col Siviglia per sostituire l’infortunato Herrera.
“Il rapporto s’è deteriorato”, rivelava il “Sun”: Mou e Pogba comunicano solo attraverso il vice allenatore, Rui Faria, e Paul a fine stagione cambierà aria. Non se n’è fatto nulla, ma anche il Mondiale ha creato un’ulteriore frizione fra i due personaggi dello United. “La brevità della competizione ha aiutato Paul a non farsi distrarre dalle questioni esterne”, ha detto Mou. “Ho sempre dato il meglio per chi ha creduto in me”, gli ha dichiarato guerra il centrocampista. Con Mou che, ufficialmente, ha sempre negato qualsiasi controversia: “Non siamo mai andati tanto d’accordo”. Mentre, sostengono i soli giornali scandalistici inglesi, pensava di venderlo al Barcellona pieno di soldi e a caccia di talenti. Evidentemente, però, ancora una volta la star in campo ha avuto la meglio sulla star in panchina. Anche se si tratta dello “Special One”.