Il primo “morto di calcio” di cui mi sono occupato è stato Marco Fonghessi, un ragazzo di Cremona che tifava per la squadra della sua città e per il Milan, proprio come un suo illustre concittadino, Ugo Tognazzi. Venne accoltellato nei pressi di San Siro da un tifoso rossonero, Stefano Centrone che, vista l’auto targata Cremona e (pare, un cuscino del Milan visto come una “preda” bellica), lo assalì con altri criminali della sua specie. Da allora, purtroppo, mi sono dovuto occupare di altre decine di morti inutili. Nel 1988 finii tra le colline di Ancona, ad aspettare, davanti al carcere in mezzo alla campagna, il magistrato che indagava sulla morte di Nazzareno Filippini, tifoso dell’Ascoli ucciso negli incidenti dopo la partita con l’Inter. Dell’omicidio, allora, fu accusato (poi dichiarato estraneo ai fatti) un capo ultrà nerazzurro che aveva partecipato agli scontri davanti al Del Duca. Il suo nome è tra le persone indagate per quelli che hanno causato la morte di Daniele Belardinelli il 26 dicembre. Capito?
Non nomino tutti le altre vite spezzate assurdamente per una gara di calcio. I nomi li conosco. Però, più che le loro storie, che ben conosco, sono andato a rileggermi le dichiarazioni di politici, dirigenti calcistici, capi delle forze dell’ordine, cioè di quelli che avrebbero dovuto mettere mano alla situazione.
Sono le stesse, malinconicamente sempre le stesse. Del tifoso di Varese e Inter investito e ucciso dall’auto di un tifoso del Napoli ricorderemo il nome, almeno questo, ma dimenticheremo quello che abbiamo detto. Anzi ci siamo già dimenticati.
In questi casi non manca mai il riferimento all’Inghilterra e al modo in cui ha reso sicuri i suoi stadi. E’ divertente perché, anche in questo caso, le posizioni sono sempre le stesse. Vista da moderati e conservatori è stata una vittoria di Madama Thatcher e della linea dura, vista da sinistra, non è stata la repressione a espellere gli hooligani ma il rifacimento degli stadi e il costo dei biglietti, alzato in modo da estromettere il ceto più basso e violento, quello delle periferie. Ovviamente, come sempre, in medio stat virtus (et veritas). Bastone e carota stanno sempre in equilibrio. Quando hai a che fare con dei banditi, qualche manganellata (in senso giudiziario) la devi tirare, ma è chiaro che da sola non basta.
Anyway, come direbbero a Londra, lassù hanno risolto il problema. Ho frequentato gli stadi inglesi per trent’anni, e non ho mai visto né sentito quello che vedo e sento negli stadi italiani. Qualsiasi sistema abbiano usato, beh, ha funzionato.
Questo è il punto. La volontà, soprattutto politica, di risolvere una volta per tutte il problema che non è un altro, è sempre lo stesso. Ma i primi a non muoversi sono proprio i politici, come hanno dimostrato le frasi del ministro degli Interni Salvini. “Proporrò che certe partite non si giochino in notturna”. Già sentito. E quali, quelle per cui la tv che finanzia di fatto il calcio paga di più proprio per averle in notturna? “Chiudere gli stadi e vietare le trasferte condanna i tifosi veri, che vanno distinti dai delinquenti, ed è la risposta sbagliata”. Uh, questa forse è quella che sta in cima alla hit delle frasi fatte.
La morale di tutto questo? Segnatevi quanto avete ascoltato, letto e detto e mettetelo da parte. Al prossimo morto confrontatelo con quello (presunto) “fresche”.
Vedrete che coincideranno in tutto e per tutto.
PIATTO CONSIGLIATO
Riso milanese al salto. Un grande esempio di riciclo positivo. Per riprendersi da tutti questi ricicli osceni di parole ritrite