Non vi capita mai, quando assistete ad una sua partita, di pensare alla solitudine di Milano? In Italia e in Europa, per motivi diversi, addirittura opposti, è sempre difficile essere l’Olimpia. Mettiamo ordine. Italia: in serie A, anche quest’anno è possibile battere l’Olimpia, come è accaduto a fine 2018 ad Avellino, ma mai s’era visto un gap così grande tra la prima e le altre. Neppure ai tempi del massimo splendore di Siena. Un divario destinato a crescere e che si chiama Eurolega: chi partecipa alla massima competizione continentale prende una strada che non ha nulla più a che vedere con quella di chi non la fa per roster, costi, ricavi, necessità, impegni gestionali, numero di partite.
I Paesi che hanno più squadre al top come Spagna, Turchia, Grecia, Russia, oltre a godere delle entrate dirette garantite da Euroleague, si autoalimentano da questa competizione sportiva interna tra almeno due club alla pari. Se sei solo come Milano, vivi come un astronauta in orbita nello spazio. In Italia siamo abituati a considerare una colpa il fatto che una squadra domini mettendo sul piatto un budget molto ma molto superiore alle avversarie e non c’è nulla di male a tifare per i più deboli. La realtà è che sono gli altri a dover crescere per dare un senso al nostro campionato. Fino a quando non nasceranno altre realtà con budget e impianti adeguati all’Eurolega, il nostro movimento sarà destinato a perdere colpi. Il rovescio della medaglia è che tutte le squadre di vertice in Europa perdono milioni e milioni di euro e non è né razionale né auspicabile sperare che altre squadre italiane lo facciano.
Ecco perché sostengo che Milano è sola anche in Europa. Proprio in questi giorni è uscito uno studio dei francesi di Basket-LeMag secondo il quale il Real Madrid è la squadra col budget più alto del continente, 42 milioni mentre Milano è quinta, dopo Cska, Barcellona e Fenerbahce, con 25. Non so dirvi al centesimo la veridicità delle cifre, ma lo studio mi sembra serio: con l’Olimpia ci ha azzeccato (il presidente Proli ne ha dichiarati 24) e col Real ma anche con Barcellona e Cska (36 a testa) è facile prenderci perché i dati delle spagnole e delle russe sono pubblici. L’Olimpia è invece il sesto budget, superata dal Khimki e alla pari dell’Efes per monte stipendi dei giocatori. E qui si entra in ambiti più misteriosi. Comunque, l’istantanea ci dice che l’Olimpia ha un budget “da playoff” ma non da “Final Four” che è un po’ quello che si sapeva (peraltro, per fortuna parliamo di sport e non di borsa, per cui lo Zalgiris col budget n.13 è entrato nelle prime 4 nel 2018). Il problema è che Madrid ha già “messo a bilancio” anche per questa stagione delle perdite pari a quella della passata, conclusa con il titolo continentale e della Acb: 29 milioni. Utilizzando i dati dell’ultimo bilancio Armani del Sole 24 ore, l’Olimpia per pareggiare i conti ha avuto bisogno dell’intervento del suo proprietario, a vario titolo, per 12 milioni, meno della metà dei 25 del Barcellona, ma comunque un bel po’.
Adesso, invece di cominciare a scannarci tra chi dirà che non è vero che Milano ha il quinto budget per giustificarne le eventuali sconfitte e chi sostiene che con quei soldi dovrebbe vincere sempre, vale la pena di meditare su un fatto: ha senso auspicare come facciamo tutti dei successi internazionali dei nostri club se è evidente che il sistema è di fatto fallito senza gli esborsi in perdita dalle polisportive calcistiche, magnati dell’industria o grandi firme dell’alta moda mondiale? Il calcio è uguale, ma non va preso ad esempio perché ha introiti enormemente superiori e permette al vertice storie economicamente virtuose (una l’abbiamo in casa, la Juventus). Il basket no. E adesso mettetevi nei panni di Armani: per arrivare con continuità alle Final Four e poter vincere l’Eurolega è probabile debba spendere ancora di più, per il basket italiano spende già almeno il doppio di quello che avrebbe senso per vincere e chissà quante volte per pareggiare, logicamente, costi e ricavi. Un bel casino. E una situazione nuova per un club italiano.
Adesso spostiamo questo ragionamento in campo. Milano quest’anno giocherà 60 partite di stagione regolare, l’avversaria più vicina a lei in Italia si fermerà a 44.
L’anno prossimo la differenza diventerà 68 a 48 (o 50 nel caso avessimo una squadra che fa strada in Eurocup), il 30% in più. Lasciando perdere il livello enormemente superiore dell’Eurolega rispetto alle altre manifestazioni, come si gestisce un divario del genere? Facile, diciamo tutti: con tutti quei soldi, Milano ha in panchina mezza Nazionale e un paio di giocatori di primo livello europeo e può serenamente competere su due fronti. La realtà dice che non è così facile. Una squadra vincente è quella che ha una leadership chiara e continua, cosa che ha portato James, Micov e Nedovic ad essere utilizzati molto anche in campionato, con evidenti problemi di fatica: i primi due guidano la classifica dei minuti giocati in Europa (James addirittura 35 di media a partita, 37 come Micov contro il Barcellona) ma è logico sia così. Il problema è se vengono utilizzati molto anche in serie A. La partita con Trento, col turno di riposo dato a James (magari non proprio voluto dallo staff tecnico, considerata la polemica via tweet coi Carabinieri) può essere un segnale in questa direzione: Milano ha scelto di puntare forte sull’Europa, nel momento cruciale della stagione (4 scontri diretti per i playoff, a partire da quello con Barcellona di mercoledì scorso, più 4 partite da vincere contro squadre di bassa classifica di fila) a costo di perdere eventualmente qualcosa in campionato. Eventualmente, visto cosa ha combinato Trento al Forum. Una volta non era così: una delle cose più entusiasmanti di Siena targata Pianigiani era il non mollare mai un singolo minuto di partita con un impegno e una qualità di basket sempre elevatissima. Altri tempi: la stagione regolare di Eurolega allora era la metà di quella di oggi.
Oggi si devono fare delle scelte, altrimenti rischia la cottura totale dei più forti. Ma, prima cosa, non è “bello” nei confronti del campionato di serie A. Seconda, non è facile neppure accettare di rischiare di perdere qualche partita in Italia soprattutto per un allenatore come Pianigiani che per mentalità usa per davvero pochi giocatori (vedi anche in Nazionale) né si può chiedere al proprietario di prenderne sempre di nuovi considerando che, col Barcellona ad esempio, pur in assenza di Nedovic e Tarczewski, Della Valle, Bertans, Fontecchio, Burns e Omic hanno giocato 18’ in cinque. Ma, soprattutto, perché il passato ha dimostrato che essere in troppi non funziona e non si ottimizza la spesa. Ha fatto bene Milano ha puntare su pochi grandi giocatori leader, l’infortunio di Nedovic in Europa ha certamente complicato tutto.
Ecco cosa significa essere soli. Se vinci in Italia, oggettivamente, conta poco ormai per un club di un’altra categoria rispetto agli altri come è l’Olimpia. Ma la prospettiva, se tutto resta così, è che il gap tra l’Olimpia e le altri aumenti ancora in serie A senza che sia sufficiente per primeggiare anche in Europa. Sarebbe certamente diverso se la competizione interna fosse più forte, se esistesse un’altra Armani, e se, come accade in Spagna o in Russia, ci fossero 5 squadre oltre i 13 e gli 11 milioni di budget. Sarebbe più difficile vincere lo scudetto per Milano ma si creerebbe un effetto domino economico e di popolarità e interesse per il basket italiano che potrebbe anche giustificare un impegno maggiore di Armani in Europa. Oggi non avrebbe senso. L’Olimpia sta esplorando un modo sconosciuto e difficile, da sola. Probabilmente è già accaduto nella sua storia ma mai così. A proposito di storia, resto sempre un po’ sorpreso davanti alle fake news circa i compleanni dell’Olimpia. Mercoledì ha compiuto 83 anni, dicono, essendo stata fondata nel 1936. Ma la società è stata creata da Adolfo Bogoncelli nel dopoguerra. Poi s’è fusa di fatto alla fine degli anni Quaranta col dopolavoro Borletti, che rimase come sponsor, che però aveva disputato il primo campionato di A già nel 1932. Per cui, o si risale al Borletti e l’Olimpia di anni ne ha compiuti almeno 87 o ne ha per davvero solo 72. Questi sì che sono misteri….
* foto di Claudio Scaccini