Nasce a Cassano d’Adda Valentino Mazzola, capitano del “Grande Torino”, eletto simbolo dello sport italiano dell’ultimodopoguerra al pari di Gino Bartali e Fausto Coppi. Secondo il nobile parere di Fulvio Bernardini, Giampiero Boniperti ed Enzo Bearzot, è stato il miglior calciatore italiano di ogni epoca.
Regista a tutto campo, ma anche difensore e infallibile bomber, anticipa di oltre vent’anni il concetto di giocatore universale. Esplode nel Venezia dove incontra Ezio Loik, compagno di reparto (sono due mezzali), con cui dividerà nella gioia e nella tragedia l’intera carriera e parabola umana.
Nel 1942, assieme a Loik, passa per 1.200.000 lire al Torino di Ferruccio Novo. Di quello squadrone granata, avviatosi a dominare il campionato dal 1943 fino alla tragedia di Superga, Valentino Mazzola si rivela ben presto la mente e il cuore.
Per i compagni è un mito vivente, nonostante guadagni più del doppio degli altri giocatori. In campo è una furia irresistibile: deciso su ogni pallone, forte fisicamente, energico nei contrasti e generoso fino all’ultimo secondo di gioco.
Con il Toro, in campionato (considerando anche quello dell’Alta Italia del 1943-44 e quello non a girone unico del 1945-46), segna 118 gol in 195 partite. E i granata conquistano 5 scudetti consecutivi: il primo nel 1942-43 e poi dal 1945-46 al 1948-49. L’ultimo viene assegnato postumo perché Valentino e tutto il Torino periscono a Superga in quel tragico 4 maggio 1949.
La fama e la notorietà di Valentino Mazzola diventano leggenda, varcano anche i confini nazionali, giungendo fino inBrasile dove si vive a pane e calcio. A Josè Altafini, giovane stella del Brasile campione del Mondo in Svezia nel 1958, viene assegnato l’appellativo di “Mazzola”, sia per le origini italiane che per le caratteristiche fisiche e tecniche che lo accumunavano al capitano del grande Torino.