Udine 2018, Udine 2019. Una partita diversa, sempre, continuamente, di settimana in settimana. Da un anno in qua, da quel maledetto 4 marzo, quando morì lo sfortunato Davide Astori, la Fiorentina è sempre più forte, nel suo dolore, proprio per aver perso in modo così drammatico e improvviso Il Capitano. Perché la squadra gioca, sempre, con un uomo in più, con una motivazione in più, con uno sguardo in più, verso Lassù, ricordando, tutti insieme, chi, per un terribile sgambetto del destino, non può più gioire dello sport più bello che c’è, il calcio.
Insieme, è diventata proprio la parola-chiave di Chiesa e compagni: insieme per Davide, insieme, come un gruppo vero, unito, omogeneo, che lotta davvero in undici, e resiste a qualsiasi avversità. Insieme, ancor di più, nel tornare in campionato, un anno dopo, proprio a Udine, dov’è scomparso Astori.
“Abbiamo sempre il ricordo di Davide, in ogni partita. La squadra ha sempre giocato per lui e lo farà ancora di più adesso”, commenta la bandiera della “Viola” che, prima della tragedia del povero difensore, si leggeva automaticamente “capitan Giancarlo Antognoni”, e che altrettanto automaticamente ha lasciato, per sempre, la fascia a Davide. Il capitano per definizione della Fiorentina, da un anno fa e per sempre.
“Purtroppo certe coincidenze esistono: abbiamo chiaro in mente che Davide aveva giocato l’ultima partita proprio contro il Chievo e poi dopo siamo partiti per Udine, lo stesso calendario di quest’anno. Sono situazioni che vanno affrontate”, ricorda il tecnico viola, Stefano Pioli, alla tv Dazn. Che mai avrebbe pensato di trovare un così valido alleato per cementare il gruppo, mai avrebbe pensato che un’assenza potesse diventare una presenza, che un “meno” valesse un “più” nel complicato mondo del calcio.
Questa è infatti la singolare diversità della triste vicenda di un atleta di 31 anni che è stato trovato morto per arresto cardiaco improvviso nella sua stanza d’albergo dov’era in ritiro la Fiorentina esattamente dodici fa ad Udine: David è diventato l’angelo custode della squadra e dei tifosi. Senza se e senza ma. Avviluppando tutto il mondo della Fiorentina calcio in una bolla di protettiva simpatia verso l’esterno: è la squadra del povero Astori, anche gli avversari in campo vivono la tragedia come se Davide fosse uno di loro, e quelli in tribuna abbracciano simbolicamente chi ha sofferto un simile, inspiegabile, lutto.
Un nome e un cognome, Davide Astori, hanno lanciato un incantesimo imprevedibile e sconvolgente che stride nell’irresponsabile ed isterica realtà del calcio, esaltando le qualità più sublimi dell’essere umano. Come accade soltanto per i misteri più profondi ed inspiegabili. Perciò, ancora una volta, senza distinzione di città, di latitudine e di simpatie sportive: Viva Astori! Che rimanga immortale e si stupisca lui per primo da Lassù di quant’è bravo a segnare il goal più incredibile, di partita in partita, di settimana in settimana. Un anno dopo, da Udine a Udine, chi ha detto che non gioca più?